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Let’s take a break. Prendiamoci una pausa.

[Testo in italiano in fondo]

January 2016

Unannopersbagliare officially takes a break. Well, I, Gaia, take a break from updating this blog. As you might have noticed I haven’t been posting for some time (or maybe you didn’t as I was never so consistent! 😉 ) and I don’t know when and if I start again.

The thing is, I feel that keeping this blog pushed me in the right direction, the one that I am following now. I needed that push so much at that time: I was going through a depression (even if I didn’t know it yet), and I struggled and fought to get a job I was unhappy with in the end… I needed to start over, allowing myself to make mistakes, as wanting to always do the right thing didn’t lead me far. And certainly didn’t make me happy.
Therefore, in late 2009, I decided I’d find my fresh start in what I’ve always loved doing: writing and cooking. I had just met Orso who had to leave for another continent and therefore I had picked up writing again.

More than six years on I moved to three new countries, I went back to university, I became a journalist (among many other other things!) I married Orso, I threatened to divorce him, I discovered the African and the American continents, I (finally!) lived in China and ate countless slices of cake.
Long story short: apart from my love of cakes, everything else in my life has changed.

That's so exactly me, right now. Ecco, questa sono io, adesso.

That’s so exactly me, right now.
Ecco, questa sono io, adesso.

Now writing and talking is my job: you can follow my media, communication and training work on gaiamanco.net and from there you can discover all the pretty and super-serious things I am doing with digital media.

My cakes now feature on my Instagram account, which is a tribute to my friends and family and how they are present in my everyday life, even if from so far away. And there are a lot of pretty pictures of home and travels.

My travels are featured in my shiny new podcast Accidentally in Joburg. It’s one of the projects I’m most proud of, 100% handmade by me, you should listen to it and follow it. Follow it!

I also try and give an original view of the African continent with my Yebo! radio show. As you notice, they are both in Italian, as I am exploring working more in my mother-tongue.

Of course, I always bring Lucy along, as you can see in the photoblog Lucy travels (Lucy and Gaia) as soon as I get the time to download thousands of pictures from 4 continents and 11+ years of travel.
In my travels, I have even found some fellow feminist bloggers with whom I created the thought-provoking Le Donne Visibili.

Every single of these projects started in a way or another here on unannopersbagliare, and I thank you for reading and supporting me.

I’m sure we’re going to meet again for an honest chat and a piece of cake.
See you,

Gaia


 

Gennaio 2016

Unannopersbagliare si prende ufficialmente una pausa. O meglio, io, Gaia, mi prendo una pausa dall’aggiornare questo blog. Non pubblico un nuovo post da molto tempo (non che sia mai stata molto puntuale, è vero) e non so se e quando ricomincerò.
Il fatto è che mi sembra che questo blog -e voi che lo avete letto- mi abbia spinta nella direzione giusta. Quando ho cominciato avevo bisogno di quella spinta: stavo attraversando una depressione (anche se all’epoca non lo sapevo) e avevo trovato a fatica un lavoro e una vita che credevo di volere e invece… Insomma: avevo bisogno di ricominciare, sbagliando, perché credere di fare tutto giusto non mi aveva portata lontano. E di certo non mi aveva fatta felice. Mi serviva una nuova partenza, ed avevo deciso di trovarla nelle cose che mi sono sempre piaciute, comunque: scrivere e cucinare. Avevo appena incontrato Orso che era subito partito per un altro continente e per questo avevo ripreso a scrivere.

Da allora ho traslocato tre volte in tre Paesi diversi, sono tornata all’università, sono diventata giornalista (e non solo!), ho sposato Orso, l’ho minacciato di divorziare, ho scoperto l’Africa e l’America, ho vissuto in Cina e mangiato tantissime torte.
Per farla breve: è cambiato tutto nella mia vita, tranne l’amore per le torte.

That's so exactly me, right now. Ecco, questa sono io, adesso.

That’s so exactly me, right now.
Ecco, questa sono io, adesso.

Adesso scrivo e parlo per lavoro: su gaiamanco.net potete restare aggiornati sul mio lavoro nei media e comunicazione (in inglese, italiano, francese e tedesco, non ancora in cinese!) e scoprire tutte le cose serie e interessanti che faccio e che mi piacciono.

Le torte si trovano sul mio account Instagram , che è un omaggio alla presenza della mia famiglia e dei miei amici nella mia vita di tutti i giorni in altri continenti. E ci sono anche un sacco di foto carine di dove vivo e dove vado.

Dei miei viaggi ora parlo nel mio nuovissimo podcast Accidentally in Joburg. E’ un progetto di cui sono fierissima, ascoltatelo e seguitelo, è fatto a mano da me dalla prima all’ultima parola. Seguitelo!

Cerco anche di dare una visione alternativa del continente africano con la rubrica radiofonica Yebo! Entrambi i radio-progetti sono in italiano, anche questa è una nuova sperimentazione.

Porto sempre Lucy con me, ovviamente, come si vede nel photoblog Lucy travels (Lucy and Gaia), anzi come si vedrà quando avrò tempo di scaricare le migliaia di foto che le ho fatto in questi 11 anni insieme!
Ah, ho anche finalmente trovato delle amiche blogger e femministe, ed insieme abbiamo creato Le Donne Visibili.

In un modo o nell’altro, ognuno di questi progetti è nato su questo blog, quindi vi ringrazio per avermi letta e sostenuta.

Sono sicura che ci rivedremo per una confidenza ed una fetta di torta.
A presto,

Gaia

Citazione

Spousal support

As my marriage is inspiring more and more posts recently, I grew hesitant about whether Orso was bothered by it. So I asked. Here is how it went.

“Don’t you mind me writing about our marriage in my blog?”

“No, I’m fine with it.

Anyway, it’s not like you’re successful or anything”

Even when I hate you. Street art in Bairro Alto, Lisbon

Street art in Bairro Alto, Lisbon

Siccome il mio matrimonio ha ispirato molti dei miei post ultimamente mi è venuto qualche scrupolo. Nel matrimonio siamo in due, e magari  a Orso dà fastidio. Quindi ho chiesto, ecco com’è andata:

“Non ti da fastidio che scriva del nostro matrimonio sul mio blog?”

“No, mi sta bene.

Tanto non è che hai successo, no?”

Il mio voto

Ho scritto questo post per un altro blog tematico e collettivo che sta muovendo i primi passi. Non abbiate fretta, quando sarà il momento ve ne dirò più.

“Apro la busta proveniente dall’ambasciata non appena entro in casa: è il plico elettorale per votare come italiana all’estero. Mi piace votare. Sarò ingenua, ma mi sento sempre un’eroina. Vado a votare sempre e capisco poco -giusto per non dire niente- chi non lo fa o non si informa per farlo. Non vedo l’ora di ottenere una seconda cittadinanza per esprimere il mio voto una volta di più. Saranno i paesi che ho visitato, dove non si vota o dove il voto non conta niente. Sarà che una volta in Cina mi hanno chiesto: ma come funziona da voi il voto? E mi sono sentita l’ambasciatrice della democrazia.

Sarà. Ma le schede elettorali sembrano fare di tutto per farmi passare la voglia.

Delle nove liste che si presentano per le elezioni alla Camera nella mia circoscrizione (Europa) la situazione è questa:

Hanno metà candidati donne: “Sinistra Ecologia e Libertà” (5 su 10); “Partito Comunista” (3 su 6)

Hanno da meno della metà a un quarto di candidate: “Rivoluzione civile” (4 su 10) PDL (3 SU 10); “Partito Democratico” (3 su 10);

Hanno un quinto o meno di candidate: “Fare per Fermare il Declino” (1 su 7); “MAIE Italiani all’estero” (2 su 10); “Movimento 5 stelle” (1 su 10)

Non hanno candidate: “Con Monti per l’Italia”

Per il Senato (perché sì, ho più di 25 anni!) non va meglio:

Solo candidate donne: “Partito Comunista” (2 su 2)

Metà candidate: “Movimento 5 stelle” (2 su 4)

Un terzo di candidate: “Con Monti per l’Italia” (1 su 3)

Un quarto di candidate: “Rivoluzione Civile” (1 su 4); “Partito Democratico” (1 su 4); PDL (1 su 4);

Non hanno candidate: “Fare per Fermare il declino”

Come faccio a pensare che questi partiti abbiano a cuore la parità di genere se non si prendono la responsabilità di praticarla? Mi sembra che non mi vogliano, che non ci vogliano. Mi resta la magra consolazione che noi italiani all’estero abbiamo diritto ad esprimere la preferenza per un candidato, quindi possiamo almeno in parte da elettrici provare a bilanciare la situazione. Di certo la soddisfazione di buttare la scheda nella spazzatura, di disertare l’urna in silenzio perché non so proprio chi votare, non la darò a nessuno.”

L’altra donna

Quest’estate sono stata ad una “super” conferenza di super italiani. Non guardatemi così, si sono autodefiniti tali. Molti presunti, alcuni effettivamente super, cioè persone normali che fanno cose straordinarie.
Detta più semplicemente era una evoluzione della convention politica dove però il politico ha avuto l’intelligenza di capire che è molto più utile per tutti invitare coloro che hanno qualcosa da dire anche se non sono d’accordo con lui (si capisce che mi metto in questa categoria?)

Devo dire che sono contenta di aver partecipato a questo progetto e penso che tornerò in futuro, se me lo chiedono.
Perché in questo evento a metà fra la conferenza all’americana e la festa dell’Unità (o dell’Amicizia, fate voi) c’erano davvero persone interessanti. Però c’erano poche donne.

Quelle che c’erano erano in media affermate professioniste o sulla buona strada (eccomi di nuovo). Imprenditrici, politiche, scrittrici, giornaliste, scienziate, dirigenti.

La maggior parte erano molto belle (si vede che mi ci metto anch’io?) Però, sarà il mio sguardo che viene dall’estero, sarà che qui la donna di potere è Angela, con la gh. Sarà. La maggior parte di queste professioniste italiane mi ha messo infinita tristezza.

Perché oltre alle lauree sbandieravano minigonne, messe in piega, boccoli, scollature, lifting, fondotinta, seni pneumatici, e sempre più di uno alla volta.
Mi direte, proprio tu che hai comprato l’ultimo paio di pantaloni nel 2006 (e solo perché erano di Armani, ci tengo a precisarlo) e hai usato tanti tacchi che quando cammini scalza ti sembra che i talloni entrino nel pavimento?

Sì, proprio io. Perché ritengo che ci sia un limite, talvolta difficile da vedere, soprattutto per chi ci cammina sopra, fra femminilità, bellezza e l’essere sessualmente aggressive.

Certo che puoi vestirti come vuoi. Ma se sei la responsabile delle risorse umane di una multinazionale ed i tuoi boccoli castani con meches arrivano a lambire l’orlo della minigonna c’è qualcosa che non va. Se hai un corpetto “effetto burlesque” per uscire con le amiche va benissimo, ma se te lo metti per una riunione di lavoro, c’è qualcosa che non va.

Siamo quello che facciamo vedere. E mi dispiace ma le donne italiane fanno vedere le cose sbagliate e così facendo propongono modelli sbagliati. Quando è nata l’altra donna? Questa donna che nasconde la laurea dietro agli stiletto? Perché questa donna è italiana?

Corso prematrimoniale ad uso di M e A

Quando M e A mi hanno chiesto di sposarli ho promesso loro che avrei organizzato un corso pre-matrimoniale. Sì, lo so, ho appena un anno di esperienza: sempre più di qualsiasi prete, no?

"The Happy Ring" House Central Dublin

A sa già, per averlo visto coi suoi occhi, che a volte perché un matrimonio funzioni l’uomo si occupa della cena mentre la moglie beve birra guardando la partita con le amiche. Ha capito cioè che va bene tutto, basta che siano tutti e due d’accordo.

A ci ha visti anche andare in bicicletta mano nella mano: per due persone così serie, siamo proprio ridicoli. Sì, una soglia del ridicolo molto alta decisamente ci vuole.

Il mio studente preferito -il fatto è che poi i miei studenti mi leggono e così scoprono che ne ho uno preferito, quindi no, dai siete tutti preferiti- è un bel tedesco alto con un grande sorriso (sono sposata ma sono sempre la stessa). Quando l’ho conosciuto era sposato felicemente da quarant’anni -io da sei mesi-. Gli ho chiesto come avessero fatto: “non so cosa dirti, per me è facile, -mi ha detto- mia moglie è bellissima”.

Non ho mai chiesto ai miei genitori cosa li faccia stare insieme anche perché non penso che mio papà ammetterebbe mai che è facile. E perché penso che queste conversazioni fra genitori e figli avvengano solo nelle serie tv, quel momento in cui la madre o il padre svelano alla figlia il segreto. Ci credo che lo devono dire, un episodio dura solo venti minuti, devono essere espliciti. Invece nella vita reale se non l’hai capito in vent’anni di pranzi e cene e viaggi in auto, mobili e cani non saranno due minuti di discorso a fartelo capire.

La mia caporedattrice americana alla radio tedesca internazionale mi ha detto che a novembre per qualche giorno non ci sarà perché si sposa. Io non l’ho mai incontrata di persona, conosciamo le nostre voci solo perché, beh, facile, lavoriamo alla radio. Comunque, non la conosco ma mi ha fatto piacere sapere che si sposa. Le ho fatto gli auguri per il coraggio di ambire al “per sempre”.

Però allo stesso tempo penso: ma cosa c’è di coraggioso nello scegliere l’opzione più semplice, anzi l’unica quando un giorno alla volta non basta più? Per me oggi stare con Orso è come stare da sola ma meglio e lui capisce senza che glielo si debba spiegare che complimento gigante sia questo.  Lo so, presto o tardi mi mangerò le mani per aver scritto questo, pubblicamente, quando non lo sopporterò, per un giorno o anche per un mese.

Ma adesso no, adesso è il tempo di essere ambiziosi.

Cari M e A non vi ho insegnato proprio niente.
Però siete bellissimi quindi partite avvantaggiati.

La giardiniera incostante

Piantina di timo e bambolina giapponese Io non so niente di giardinaggio. Ma proprio niente. Per questo vorrei che la mia vita gli assomigliasse un po’ di più. Al giardinaggio.
Dicevo, non so proprio niente niente eppure ogni volta che arrivo in una nuova casa prima o poi viene il momento: e se mi prendessi cura di qualche pianta? Quando arrivai in Inghilterra ho persino comprato dei bulbi pensando che un caotico giardino all’inglese facesse per me: i fiori non spuntarono mai. Prima tenevo le mie tre piantine sul davanzale davanti alla porta del mio appartamento parigino, perché all’interno non c’era abbastanza spazio. Un giorno scoprii davanti alla mia porta la vecchina del terzo piano prendersi cura delle mie piante di nascosto: “le ho viste così malmesse, pensavo che fossi partita da tempo”. Ero in casa. Da quel giorno le ho affidato le mie piante che fossi in aereo o solo sotto la doccia e quando ho lasciato Parigi gliele ho regalate, o almeno i loro amabili resti.

Insomma, per dire quanto io non ne sappia niente. Però mi piace sempre di più occuparmi di piante. Quello che mi piace è che lo faccio con una convizione che sembra che io sappia tutto, con una sicurezza che sembra dire: io so cosa sto facendo, anche se il mio unico attrezzo è un cucchiaio da minestra. Dieci, venti giorni dopo forse non spunterà niente, e la maggior parte delle volta non spunta niente. La maggior parte delle altre volte ciò che è gia spuntato muore.
Ma talvolta qualcosa spunta e talvolta l’origano dimenticato durante il nostro inverno africano ritorna in vita. Così nel giardinaggio qualunque cosa bella è un regalo, qualunque cosa brutta un incidente già dimenticato.
Siccome la vita io l’affronto proprio al contrario, mi chiedo se non debba darmi al giardinaggio. Ma solo così, senza mai imparare nulla.

Muffin all’errore

La storia è dentro la ricetta. O la ricetta è dentro la storia, dipende da che lato le guardi. In entrambe è nascosto, neanche tanto, l’errore.

Muffin all’errore: senza cranberries e con pezzi di cioccolato.

Muffin all'errore con cioccolato e senza cranberries

Ingredienti

100g  formaggio fresco (tipo philadelphia)
250g zucchero
170g cranberries (che verranno poi buttati via. Sì, hai letto bene)
200g farina
mezza bustina di lievito (quante volte te lo devo dire che una bustina serve per 500 g di farina?)
2 uova
75ml olio di semi
aroma di vaniglia
per sostituire i cranberries e riparare all’errore: 70g di cioccolato

Questi sono muffin ai cranberries. I fruttini dentro però non ci sono. Al posto ho messo la cioccolata. Succede che talvolta qualcosa non funziona e mentre si è in viaggio bisogna bruscamente cambiare strada, abbandonare i bagagli e magari pure proseguire a piedi. Succede che era pure la strada sbagliata e ci siamo allontanati. Io, dopo aver guardato con disperazione la strada vuota  so proseguire a piedi. Ma i bagagli, quelli che non volevo ma ho dovuto e scelto di lasciare per strada mi tormentano. Quelli che ho deciso di portare invece pesano inutilmente. Insomma, più cerco di riconciliarmi con gli errori più loro ritornano su, come la cipolla.

Cranberries freschiCominciamo. Sbattere il formaggio con 25g di zucchero. Mettere il composto in frigo per farlo diventare più duro. Cuocere i cranberries con 25g di zucchero fino a che scoppiettano, mescolare e lasciar raffreddare. Assaggiare e se vi fanno schifo come a me, buttare via. Se no, buttali via comunque, credimi, che col cioccolato la ricetta viene meglio.
Ma perché devo comprare e cuocere i cranberries se poi tanto non li uso? Ottima domanda (e molto ben posta, direbbe alla radio l’amico M.). Neanche io li avrei comprati e preparati se avessi saputo che alla fine sarebbero stati immangiabili: però non c’era modo di saperlo prima mannaggia.
Perché cercare il pretesto di attaccare bottone con qualcuno per poi trovarsi due anni ed una storia d’amore dopo a cambiare strada quando lo vedi passare? Perché hai studiato tanto per fare un lavoro che non ti piace?

Vedo che mi hai capita.

impasto dei muffin con cioccolato Mescolare lo zucchero che resta, la farina, il lievito e un pizzico di sale. Tritare grossolanamente il cioccolato. Aggiungere le uova, l’olio, la vaniglia ed infine il cioccolato al composto di farina. Mescolare bene fino a che il composto si fa lucido e delizioso. Assaggiare per sicurezza.

Riempire con l’impasto gli stampini da muffin per due terzi  (i miei sono di silicone, ma di carta infilati nella teglia da muffin vanno benissimo), dovrebbero venirne una decina, a me ne sono venuti nove: mi sa che mi sono mangiata troppo impasto. Fare col pollice un buco in mezzo ad ogni muffin e posare una cucchiaiata di formaggio zuccherato.
Infornare a 170° per 20-25 minuti.

Muffin all'errore pronti per essere infornatiMagari i cranberries che ho comprato non erano buoni o semplicemente il sapore della salsa di cranberries non mi piace. Per scoprirlo ho sprecato un po’ di zucchero e di tempo, ed ora ho una pentola incrostata che mi guarda. Però almeno adesso lo so. E poi il profumo che usciva dalla pentola era buonissimo.  Per un po’ è stato bello. Per il resto c’è sempre la cioccolata.

Domani andrà meglio

Ho scritto questo post un po’ di giorni fa. Perché coi momenti difficili si impara a prendere le misure, si sa che non si devono prendere decisioni importanti, come lasciare il lavoro o adottare un cane (anche se vorrei tantissimo un cane) o scrivere cose che poi, anche se le cancelli, restano da qualche parte  e rischiano di danneggiare lavoro-amici–famiglia-matrimonio.

Mi piace di più il termine disturbo dell’umore, utilizzo malattia mentale solo per scioccare il pubblico. Dire che ho un disturbo dell’umore (unipolare nel mio caso, io sono solo triste) sembra che voglia dire che in pratica sono solo antipatica. E non mi dispiace (e poi per quello non serviva il medico, lo diceva anche mia sorella gratis).

Talvolta penso che abbiamo qualcosa tutti, solo che io lo so ed altri ancora devono scoprirlo. O meglio che solo alcuni, alcuni ma sempre tantissimi, superano la soglia fra l’infelicità, la disperazione anche, e la malattia.

Ho passato tanto tempo ad investigarlo, e mi hanno detto che è comune fra i depressi voler sapere e voler comunicare. Dicono che sia perché è una malattia che non si vede e raccontarla è l’unico modo che abbiamo per essere presi sul serio, per tentare almeno. Questo è stato il mio modo di essere presa sul serio, come giornalista multimediale ma anche come portatrice (la maggior parte dei giorni sana e felice) di un disturbo dell’umore. 

In ogni caso, ho passato tempo a leggere, scrivere, investigare, indagare e devo dire che sono anche fiera del lavoro che ne è uscito. Però più che tutti gli articoli e le interviste oggi mi è venuta in mente una canzone francese, sempre quella, che dice che domani andrà meglio, senza crederci neanche un po’, ma ridendone parecchio. Perché qui, seduta sul divano di casa nel mezzo del pomeriggio, con le guance arrabbiate e le occhiaie da procione (leggi qui la storia del procione, il raccoon) , sarò anche depressa, ma sono soprattutto tanto ridicola. E allora tanto vale riderne.

“Triste compagne” è una canzone francese che mi piace dalla prima volta che l’ho sentita. I cantautori francesi hanno tanti difetti, primo fra tutti quello di essere cantautori francesi, però hanno anche un pregio grandissimo. Sanno raccontare delle storie, o meglio pensano che il loro lavoro principale sia raccontare una storia cantata, sì cantano storie, invece di I’ll miss you, we’ll be together, perdonami, I want to marry you, baciami che predominano in altre musiche pop.

In questa canzone Benabar, il sopraddetto cantautore francese, cerca un nome per il suo malessere ed elenca i motivi che ha per essere triste ogni giorno. Come la lacrima che scende in autunno per le foglie morte, “che poi, le conoscevo appena, non erano neanche mie parenti”. Cerca di dare un nome ed attraverso il nome una ragione, una giustificazione, per qualcosa che spesso, come mi disse un giorno una giovane e sincera psichiatra “non ne ha una, come tante cose brutte”.

Così lui invece di disperarsi ancor di più, decide di riderne e trasformarla in uno piccolo spettacolo di cabaret (ma qui se non hai visto il video di cui ho già messo il link sopra non si capisce come faccia) perché “soffrire dalla mattina alla sera, è una gran fatica!”

Il mio passaggio preferito resta il ritornello: “Domani andrà meglio, o almeno lo spero… perché è la stessa cosa che mi son detto ieri”.
Da cantare col sorriso sulle labbra (ed eventualmente un buon correttore).

An ordinary day

So, how was your day today? Well, it was not exactly today- it was two or three weeks ago- but nothing I write here is entirely true, remember?

Not too early in the morning I wake up in a sunny Leipzig. I wave good-bye to Orso with very humid eyes: we’ll see each other again in two weeks. And we are only ten days into the European commute that we like to call a marriage.
In Plagwitz I pass by bike by the most beautiful care-home I have ever seen: I wonder whether they accept residents under 30… because I’d definitely love to live in one of the apartments with the view on the canal. I get to work (yes, it is funny and -forgive me for the word- cool, but I’m still making  a job out of telling stories) crossing not one but two parks: I could definitely get used to it. But there is no time.
I get my lunch from a Syrian takeaway, hipster German style: a lot of vegetables and less fat. I’m still not used to it.

I smell the garlic sauce and the grilled chicken and I turn back two years in time: I am in Place Monge, Paris,  and feel that loneliness that does not feel like being alone.

I also think about how uncomfortable I am with the past and what it is all about. Orso says that I always behave as if I was on my guard when I talk in the past tense. I should dig the reasons why but basically: I don’t feel at ease because it’s about another woman, most of the time a girl, I don’t particularly like now.

On my way to the train station I miss the right tram and I have to get on two others trying to make up for my errors: a lot of stress while dragging a too big pink suitcase.

I learnt how to force myself to sleep on transports so the train journey from Leipzig to Berlin passes quickly. Everytime the train goes through  Lutherstadt Wittenberg I can’t help wondering whether Luther’s theses were 95 and everytime I reach home -wherever it is- I’ve already lost interest. Or maybe I don’t want to spoil the only passtime that does not make me sick on transports: having conversations with myself and digging my memory about useless information.

Off the train I jump on the bus to Berlin Tegel airport and hit all ankles I can find in the small corridor of the bus with my too big pink suitcase . I don’t do it on purpose and I am -even if I bit sleepy- pretty so I am forgiven rather easily. Yes, life is unfair.

I get to wait for my flight in the best lounge of the airport: and yes, it includes free food and tv. This is all thanks to Orso, who’s not a billionaire banker but he knows his way through airline promotions like no one.

My plane is the stereotype of a flight to London:  loads of skinny ties and Blackberries. Anyway, finally I have a copy of the Independent on my lap and I hope that the flight is calm enough so that I can read instead of spending my time recalling all the names of dog breeds I used to know when I was nine.

At Heathrow airport there is a bus waiting for me, and I can finally eat my Leipzig-made sandwiches and think about how many German regions I can remember: coach trips really make me sick. Two hours and a definitely different landscape later I am back to the very unlikely place  where exactly one year ago I decided to go to turn my life upside down (and therefore create another past version of myself I would feel uncomfortable with, I guess).

I walk home, I need some fresh air and the Southern coast of England is fresh on a late summer evening, even cold actually, but I put some extra layers on before the passport control at the airport: it’s not the first time I make this complicated trip. It is actually the last one, I think with relief and a point of regret.

Bike-tram-train-plane-coach and then… my own feet: it took so many different transports and now I am in bed with a fluffy raccoon (that’s really another whole story, that of the raccoon -a soft-toy, not a living animal).

In bed I read the French translation of a book on the life-changing trip to Italy of a famous German who lived in Leipzig as a young man: I drift into sleep thinking I am not doing anything new (well, except for the company of the fluffy raccoon).

I know, this post is very private, more private than you’d want it to be, more private than I -and certainly Orso- would like it to be. But my life had overtook my writing for a bit, so I thought that writing had to strike back and take whatever was there.

By the way, I forgot to ask, how was your day?

September, you won’t have me this time

Things I’d like to do in the next six weeks: refresh my Chinese, pick up some German, find a reporter/producer job in Europe, bake a perfect meringue, run, build a new website, do my own showreel, go to a vintage festival, move house, and take the most definitive decision of my life.

I guess it will require more organisation than Google Calendar can offer…

Well, I think I could go for a good meringue, but you know me: I’m a baking overachiever. What are your plans to be in the right place when everything starts again in September?