Archivi tag: futuro

The balloon box

[Testo in italiano sotto]

I love balloons.

The balloon box: ready to celebrate

When Orso moved to Paris from another continent, I inflated 50 ballons. For our wedding we had balloons all over the garden. For my 30th birthday, I inflated a dozen ballons for myself, as Orso is afraid of balloons and he only inflates them to the point that they look… well, like dried fruits. Anyway, the balloons that I inflated for my birthday never deflated, or yes, they did, but very slowly. So we put them in a box that became the balloon box. From that day, every time that there is something to celebrate, a reportage sold, a contract secured, a cake well baked, I get a balloon shower and believe me, it’s the best quick celebration ever. It works like this:
-Close your eyes
-Have your celebration partner hanging the balloon box over your head
-Have your celebration partner turn the box so that the ballons fall on you and on that very moment…
-open your eyes and enjoy!
Of course, there is the deep meaning that keeping the balloon box is like saying: every day can be the day when I make it.
But the bottom line is: whatever happens, I kind of trust my future, I have balloons.

Io adoro i palloncini.

The balloon box

Quando Orso è arrivato a Parigi da un altro continente, ho gonfiato 50 palloncini. Per il nostro matrimonio c’erano palloncini rosa e viola in tutto il giardino. Per il mio ultimo compleanno, il 30esimo, ho gonfiato una dozzina di palloncini per me, visto che Orso ha paura dei palloncini e se li gonfia lui sembrano al massimo dei frutti secchi. Insomma, questi palloncini che ho gonfiato per il mio compleanno in Novembre, non si sono sgonfiati, anzi sì, ma molto lentamente. Così li abbiamo messi in una scatola che abbiamo chiamato la scatola dei palloncini. Da quel giorno, ogni volta che c’è qualcosa da celebrare, un reportage venduto, una torta ben riuscita, ricevo una doccia di palloncini colorati. E’ il modo più bello per celebrare in ogni momento. Si fa così:
-Chiudi gli occhi
-Il tuo compagno di celebrazioni deve sollevare la scatola dei palloncini sopra la tua testa
-sempre il compagno di celebrazioni ti rovescerà i palloncini sopra la testa, in quel momento…
-apri gli occhi e divertiti!

Certo, potrei dirvi che c’è un significato profondo. Tenere una scatola di palloncini significa che ogni giorno potrebbe essere il giorno in cui ce la farò.
Ma alla fine il punto è: qualunque cosa succeda, ho un po’ di fiducia nel mio futuro, ho i palloncini pronti.

La fuggitiva

Questo post è scritto in risposta ad  un post del Fatto Quotidiano  sui giovani italiani che lasciano il Paese. Il post di Dino Ameduni,  esperto di nuovi media (lo dico senza ironia: io sono “giornalista multimediale” fai un po’ tu) è stato commentato da moltissimi lettori, eppure dopo averne letti un po’, taluni sensati, altri feroci, taluni condivisibili, altri raccapriccianti, mi sono sentita un po’ sola. Mi sembra che solo l’autrice del blog A mezzogiorno  la pensi un po’ come me.

Lo so, arrivo in ritardo ma… sono sempre in viaggio!

Quando vivevo a Parigi non potevo sopportare gli italiani che non facevano altro che lamentarsi dell’Italia e come te mi dicevo che se avevano tanto da lamentarsi, avrebbero fatto meglio a restare e cercare di cambiare le cose perché altri non dovessero partire incattiviti come loro.

Il tuo discorso però mi sembra tanto riduttivo quanto mi sembrava il loro.

Particolarmente riduttivo (e anche un bel po’ nazionalista) definirci in base alla nazionalità, addirittura campanilista attaccarsi alla nostra città d’origine, per cui se sei di Bari, il tuo dovere è di restare a Bari, finché Bari non sarà un posto migliore.

Perché l’”italianità” dovrebbe pesare di più di tutto il resto? Perché si ha ancora il bisogno di definirsi tramite le nazionalità?

Sostenere che restare in Italia è mia responsabilità di giovane italiana significa negare o mettere in secondo piano ogni altro aspetto di me, di noi. Significa negare la nostra responsabilità di medici, ingegneri, giornalisti, ricercatori, di donne, genitori, europei, adulti.

Non vedo perché coloro che come te e me credono di poter cambiare le cose debbano farlo “da casa”, pena essere tacciati di egoismo.

Ad esempio io talvolta penso che sia una mia responsabilità di donna contrastare le ineguaglianze di genere. Magari miglioro l’Italia mostrando (e non sono la sola) che ci sono giovani donne italiane che non aspirano a farsi mantenere da un vecchio ricco amante.

Hai ragione, abbiamo il diritto di provare a cambiare in meglio (o talvolta a non contribuire a peggiorare) la società per tutti, ma non vedo perché sia meglio farlo da Agrate Brianza né perché il mio impegno debba concentrarsi sull’Italia, invece che su altri Paesi, su altri temi, su altri diritti, sull’Europa. Sono egoista per questo?

Chi parte è costretto dalle circostanze o egoista.
Potrei risponderti che dal mio punto di vista la maggioranza si lamenta, poi va ad abitare a due metri da mamma e papà che li sollevano dagli oneri del quotidiano e se la prende con chi se ne va.

Scrivo in transito fra l”Inghilterra e la Germania, domani e dopodomani lavorerò a Southampton, la settimana prossima invece a Milano. Quando mi chiedono dove abito rispondo: questo mese a Londra (Lipsia/Parigi o altrove). Mannaggia: sono una delle peggiori fuggitive, anche perché mi posso permettere di viaggiare comoda.

Eppure io non mi sento in fuga. Sono in partenza. Non sono scappata da niente, non sono neanche andata in cerca di un futuro migliore che credo avrei avuto anche restando in Italia.
Perché come te credo che sia possibile restare e costruirselo quel futuro. Ma semplicemente non è il mio.
Per te andare a Roma è un viaggio, vivere a Milano è emigrare. Per me andare a Lipsia, Londra, Parigi, Milano è tornare a casa.

I miei figli potranno avere tre passaporti e magari nasceranno in un Paese quarto: sarà un bel problema spiegare loro dove dovranno restare. In Europa,  potrei abbozzare, eppure non avrei nulla da dire se decidessero di migliorare il mondo partendo dal Venezuela.

La tua scelta è valida e anche la mia, non giochiamo a chi è più bravo: uniamo le forze.