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Four years – Quattro anni

Note:
Very accurate reenactment with professional actors.
Ricostruzione storica accurata con attori professionisti. 

Paris, July 2009

A casual encounter that turned into four years…

of love letters,

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of committment…

Four years of committment

… and fights!

Four years of fights

Four years of… ehm… passion!

Four years of passion

Of travels around the world.

Four years of travels around the world

Four years of travels around the world

Four years of travels around the world Four years of travels around the world Four years of travels around the world

Four years, and it’s just the beginning.

It's just the beginning

Postcards from China: Carpe diem, e poi vediamo

Ritornata in Francia, parlo con un ricercatore cinese dell’ufficio accanto al mio. Fang Ming studia le abitudini alimentari dei cinesi emigrati in francia (ci sono proprio tesi di dottorato su tutto, eh?) .

Beijing, Qianmen Dajie

Gli racconto dello shock che ho provato sulla QianMen Dajie. La grande strada che odorava come le anatre appese ai fili elettrici, il groviglio di fili elettrici che sembra un’opera di arte contemporanea, gli animali, i vecchi che giocano a scacchi per strada. La strada che conoscevo non c’è più, questo lo posso anche accettare ma: dove sono i suoi abitanti?

Fang Ming ride e replica che è normale, che in Cina ormai si pensa solo al presente. Non c’è altra via che quella più veloce. A pensarci bene non è stato sempre cosi’, anzi, è stato proprio il contrario. Semplifico un po’, ma la Cina è stato il Paese degli imperi e delle dinastie che si credevano eterne, dove il singolo uomo passa, non conta, ma la storia, l’impero. La Cina, resta e resterà. Ora gli edifici sono costruiti in pochissimo tempo e danno l’impressione che in altrettanto pochissimo tempo invecchieranno. Un po’ più di dieci anni fa sono stata in un hotel della zona delle ambasciate, Sanlitun, sembrava bellissimo e enorme all’epoca, ora rispetto ad altre zone della città sembra vecchissimo, sei anni sono una vita, venti, un’eternità.
Beijing, Qianmen Dajie Dov’è finita quell’idea del mondo e della storia che consentiva di pensare a cento mille anni più in là? L’esercito di terracotta è stato costruito da un imperatore che credeva che il suo impero sarebbe durato diecimila anni. Ne è durato solo dieci e la Muraglia, sempre opera sua, in realtà non è mai servita. Sono delusioni come queste che fanno pensare solo all’oggi?

Tutto quello che oggi è nuovo e scintillante, domani odorerà già un po’ di vecchio. Mi piacerebbe intervistare un urbanista cinese, o anche un urbanista tout court, se ce ne fosse uno fra i miei lettori.

Beijing, Qianmen Dajie

Costruire solo per il presente non sarà un errore? Andare avanti un giorno alla volta è sostenibile? Se sono d’accordo sul fatto che bisogna prendere le occasioni senza mai farsele sfuggire, vivere alla giornata mi sembra una decisione poco saggia. E cosi’ mi chiedo, se esiste solo il presente, il passato non conta e il futuro è troppo lontano,  intrappolati in un enorme carpe diem, spinti a tutta velocità, si saprà ancora dove si sta andando?

Postcards from China: Sally

Mi sono ritirata come una scrittrice romantica sulla costa inglese.
Di giorno imparo a rappresentare il presente, l’immediato e solo quello. La notte invece di dormire, scrivo quello che è stato, le storie di questo anno, di questi anni sbagliati. Di giorno non invento niente, di notte chissà.

Sally è la mia unica vera amica cinese.  La storia di Sally è, secondo me, la storia di tanti cinesi, e siccome tanti mi domandano perché non si ribellano (tanti francesi e tedeschi e inglesi mi domandano lo stessi sui giovani e giovani adulti italiani, che gli dico?) io penso che sia più facile parlare di Sally.

Ho conosciuto Sally tramite un annuncio trovato all’Università Fudan di Shanghai anni fa. Molti studenti americani davano lezioni di inglese per passare il tempo e migliorare il cinese, ma difficile trovare richieste per altre lingue. Cosi’, appena ho trovato l’annuncio ho scritto ed incontrato Sally.

L’accordo era il seguente, io ti parlo per mezz’ora in italiano, tu per l’altra in cinese. Ci aiutiamo a fare i compiti etc. Queste conversazione erano mortalmente noiose cosi’ ho cominciato a chiederle di lei.
Sally è simpatica e in realtà si chiama Qing Rong. Ha persino un fratello più piccolo, rarissimo in Cina, perché la sua famiglia viene dallo Hebei, e fa parte di una delle 56 minoranze recensite nel paese.

Sally non vuole sapere quante sorelle ho, e  si’ che ce ne sarebbe da raccontare. Sally vuole sapere quanto costa affittare un appartamento a Milano, quanto guadagna un avvocato (lei studia legge) o un professore. Vuole sapere quanto si spende uscendo la sera, e quand’è che uno è ricco, in Europa.
Talvolta so cosa rispondere, talvolta no, ho appena finito una tesi sul pensiero libertario, voglio cambiare il mondo, sai cosa me ne importa dei soldi (come ero giovane e sciocca!).

Quando le chiedo se non vorrebbe ribellarsi, Sally dice che le nostre vite sono uguali: Guarda, Gaia abbiamo quasi la stessa età, andiamo all’università, abbiamo ascoltato la stessa musica, ci piacciono gli stessi ragazzi e gli stessi vestiti.

Tu non hai votato mai. Non capisce, mi chiede dove ho comprato le scarpe.

Io sono ancora irrequieta, scommetto che Sally deve aver compiuto 28 ed essere diventata avvocato. Anche oggi le direi che no, le nostre vite non sono uguali: Tu non puoi scrivere quello che scrivo io adesso. Non puoi nemmeno collegarti su facebook!

Eppure credo che se la incontrassi oggi mi chiederebbe dove ho comprato le scarpe.  Perché che cos’è un voto, se in cambio ti danno le scarpe.


Postcards from Beijing 3: Vietato vietare

Questo cartello, trovato all’imboccatura di Dashilar (o DaZhaLan), popolare via del centro di Pechino, (un po’ ridotta a una Disneyland in salsa di soia per la verità) riassuma bene il funzionamento della società cinese: vietare tanto e tutto insieme, dalle armi agli aquiloni, e rispettare i divieti. Non importa quanti: Elenco di divieti cinesi

Non si può andare in auto, in bici, in motorino, in risciò, non si possono portare cani, armi, non si possono scrivere frasi d’amore sui muri, né gettare carte per terra. Non si deve pattinare sul ghiaccio, giocare a pallone, sputare e andare sullo skateboard. Non si può mendicare ma neanche giocolare, far volare gli aquiloni, dormire in tenda, parcheggiare, accendere fuochi, vendere radio e borse e naturalmente, è vietato manifestare.

Postcards from Beijing 2: Arrivata

Sono passati quasi cinque anni dall’ultima volta che sono stata in Cina, sei dall’ultima volta a Pechino. Siamo tutte e due cambiate parecchio. In città c’è un’organizzazione che prima era difficile anche immaginare. L’effetto Olimpiadi? Abbiamo una settimana di tempo per investigare.

Che siamo siamo cambiate entrambe, lo noto ancora prima di arrivare. Sul mio aereo la nazionale giovanile di atletica e per i miei due compagni di viaggio sono una signora. Almeno finché la giovane cinese non mi vede guardare Alice nel Paese delle Meraviglie, e capisce che puo’ chiedermi di lasciarla guardare fuori dal finestrino. Apro una copia di Glamour France e me la faccio amica.

Arrivata, trattengo il respiro, per nulla: non sono più in quel luogo umido e rumoroso che ricordo, ma uno spazio luminoso e arieggiato. Poi eccomi pronta a proteggermi dall’attacco dei taxisti abusivi, ma i taxi sono molto più efficenti qui che a Charles de Gaulles e l’ultima volta che sono stata importunata dai tassisti abusivi è stato a… Linate.

Solo l’odore è rimasto lo stesso. Odore di cosa, non lo so, so che lo avevo dimenticato finché non l’ho sentito di nuovo, uscendo dallaeroporto. Odore dolciastro di polvere, di foglie, di cibo, di piante, umido e unico. Cattivo, non lo so. Buono, neanche, come l’odore di una persona che ami: il suo e basta. Con l’odore torna il vocabolario in cinese, arrugginito, ma sapevo di averlo in testa da qualche parte. Qualche frase sparsa e l’odore sono le prime cose che riconosco. Non certo i taxi. Una volta i tassisti viaggiavano con il posto guidatore imprigionato in una gabbia di ferro, e noi giovani studenti europei ci sentivamo pericolosi criminali, o scimmie impazzite (la seconda in fin dei conti puo’ essere fondata).
Quello che resta come in passato è che no, non posso scegliere di spegnere l’aria condizionata.

Grande sorpresa alzando gli occhi: il cielo è quasi azzurro. Quando la grande Muraglia censoria su Internet mi permetterà di caricare le foto vi faro’ vedere la differenza.
Quello che non è cambiato: il tempo, rovente e pesante come al solito. Fa cosi’ caldo e sono cosi’ ostile ai mezzi di trasporto non necessari che al secondo giorno sono già obbligata ad usare le infradito, commettendo -ne sono ben conscia- un enorme crimine contro la moda, ma permettendo ai miei piedi di gonfiarsi a loro guisa.

Quello che non è cambiato parte seconda: il tassista non sa la strada. I miei tassisti cinesi non sanno mai la strada, o forse è una scusa per fare conversazione o soldi. Questa volta però non ha torto; il fatto è che senza saperlo sono finita nel distretto alla moda al momento, gli hutong intorno nanluogu xiang, vicino alla torre della Grande Campana, che sono quasi pedonali. Pedonali. L’idea che esistano strade chiuse al traffico in questa città mi suona come se mi dicessero che in casa mia non c’è più zucchero: non c’è niente di male, solo non pensavo che sarebbe mai capitato.
Mi ricordo che sei anni fa scrivevo in una lettera da piazza TienAnMen ad un amico (il migliore, ed anche da questo si vede) che era la prima volta quell’anno che mi sentivo felice. Che Pechino e la Cina si danno l’ambizione e la possibilità di essere tutto. E che a Pechino ti sembra di poter essere tutto.

Poche ore ci sono bastate per capire che non siamo più le stesse. Dobbiamo imparare a conoscerci di nuovo. Ma ci piacciamo già.

Qui e per i prossimi post chiedo ai miei trenta lettori di fare uno sforzo: una cosa che ho imparato presto è che per conoscere e amare la Cina bisogna fare astrazione dal suo regime e governo. Non è difficile: i cinesi sono cosi’ amabili che quesi ci si dimentica di detestarli. Perché detestarli? Leggi l’ultimo rapporto di Amnesty Int sulla Cina, che ovviamente da qui non posso linkarti.

Nota en passant: Sei anni fa non c’erano neanche tre linee di metro, curioso per una città tanto grande e popolosa: adesso ce ne sono sei. Più di una linea di metro ogni due anni. Mi piacerebbe farlo sapere all’ATM, che dagli anni ottanta deve prolungare la linea verde di tre stazioni.

Postcards from Beijing

Neither Twitter nor Facebook are accessible from Mainland China (to my knowledge and experience at least). I haven’t checked flickr yet. Landed and happily sweating in the streets of Dongcheng. China has changed a lot since last time we met, and yet, like an old friend, it has remained the same.